L’autostima è la valutazione che abbiamo di noi, un senso soggettivo, globale e duraturo di avere valore. Avere una buona autostima non significa essere narcisi o egocentrici, bensì avere una sana visione di sé: essere consapevoli sia delle proprie qualità sia dei propri difetti, senza essere ipercritici.
Avendo a che fare con la fiducia che si ripone in sé e nel saper affrontare le proprie esperienze di vita, avere una buona autostima è importante in quanto influenza la nostra vita: è un fattore centrale di un buon adattamento psicosociale, connesso a un funzionamento più soddisfacente ed efficace in molti ambiti. Soddisfa il bisogno umano di contare ed avere valore, la cui frustrazione genera sofferenza e disagio psicologico.
Da cosa è formata l’autostima? Essa è costituita dall’insieme delle valutazioni su di sé: non si basa solo su dati oggettivi ma anche sul giudizio soggettivo di tali informazioni (tutto ciò che facciamo,come per es. essere promossi o bocciati, può avere una lettura valutativa dal punto di vista del nostro valore). Spesso tali valutazioni vengono formulate a partire dal confronto tra il nostro Sé Ideale (come vorremmo essere) e il nostro Sé percepito (come ci vediamo): se la discrepanza tra i due è eccessiva, il confronto non diventa un’opportunità per migliorarsi ma può determinare ricadute negative sull’autostima. Inoltre, ricordiamoci che, sebbene in modo non sempre consapevole, tendiamo a confermare le idee precedenti rispetto a noi stessi e all’immagine che abbiamo di noi, purtroppo anche in presenza di autovalutazioni negative (bisogno di coerenza).
La lente attraverso la quale ci guardiamo e facciamo valutazioni riferite al sé a partire dalla realtà è soggettiva. Ecco perché l’autostima non corrisponde necessariamente alle reali capacità di una persona e può discostarsi molto da quanto si potrebbe desumere dalle sue abilità.
Bambini e ragazzi con una buona stima di sé tendono ad accettarsi, sono consapevoli di sé, in contatto con i propri bisogni desideri ed emozioni e capaci di relazionarsi con gli altri in modo autentico ed assertivo; essi vivono le situazioni e le prove come stimolanti, una sfida e, se falliscono, sono maggiormente resilienti. Avere un buon livello di autostima riveste un’importanza centrale anche in adolescenza, in quanto offre sostegno al ragazzo nell’ affrontare i compiti della crescita. Un ragazzo più sicuro è meno condizionabile e dipendente dagli altri.
Al lato opposto del continuum, chi ha una bassa autostima tende ad essere più spaventato rispetto a ciò che è nuovo cercando di mettere in atto strategie di controllo sulla realtà; non vede le prove come sfide, ma come minacce per la sua autostima, verso le quali spesso non è ambizioso (gli basterebbe cavarsela). Nelle relazioni fa dipendere la propria autostima dalla stima altrui, mettendo in atto comportamenti di conformità (o all’opposto di ribellione). Inoltre, spesso non riesce ad usare al meglio le sue capacità sia perché fa fatica a gestire le proprie emozioni con una costante messa a fuoco sulle proprie inadeguatezze, sia perché tende a ingigantire ogni ostacolo e a scoraggiarsi. In genere quindi si impegna poco e non persiste se i primi sforzi non sono efficaci, aumentando le probabilità di insuccesso. Dall’insuccesso, riceverà conferme delle proprie aspettative e delle proprie autovalutazioni negative: il risultato sarà il mantenimento della bassa autostima (circolo vizioso della bassa autostima).
A questo punto ci chiederemo: ma come si forma l’autostima? L’autostima si sviluppa a partire dall’interazione con gli altri: genitori, insegnanti, educatori, ambiente in generale influiscono sulla visione che l’individuo ha di se stesso. Il primo nucleo dell’autostima nasce dalla percezione del bambino di essere bene accetto, apprezzato, riconosciuto dalle figure di attaccamento. Come sostiene Carl Rogers, ogni bambino ha un bisogno fondamentale che ha a che fare con l’accettazione positiva incondizionata e, come adulti, è importante alimentarlo. Accettare l’altro incondizionatamente non significa accondiscendere ad ogni suo comportamento, ma rispettare l’altro così com’è, senza porre condizioni e senza categorizzare la persona entro etichette prefissate. Significa saper distinguere la persona dai suoi comportamenti e non far dipendere l’affetto dalle sue prestazioni, azioni e aspettative.
Crescendo, le esperienze che il bambino fa nelle diverse aree (es. esperienze scolastiche) e l’ambiente in senso più allargato incidono su questo nucleo, così come sono importanti le caratteristiche soggettive della persona e il suo modo di percepire e valutare le esperienze stesse.
L’autostima non è un corredo genetico immodificabile, ma può essere promossa e stimolata. Essa va quindi nutrita sempre, giorno dopo giorno, sin dalla primissima infanzia. In particolare, ci sono dei modi di stare nella relazione e di comunicare che possono nutrire e aumentarla. Li vedremo in un prossimo articolo sul tema.
BIBLIOGRAFIA
- “L’autostima”, M. Miceli, Il Mulino
- “Migliorare l’autostima”, A. Pope, S. McHale, E. Craighead, Erickson
- “I no che aiutano a Crescere”, Asha Phillips, Feltrinelli
- “Come sviluppare l’autostima del bambino”, E. Anderson, G. Redman., C. Rogers, Edizioni Red
- “Un modo di essere”, C. Rogers
Dott. ssa Chiara Lazzari
Psicologa Psicoterapeuta